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Madama Butterfly

Direttore: Nikša Bareza

Spettacolo terminato

L'opera

Musica di
Giacomo Puccini

Tragedia giapponese in tre atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
dal dramma Madame Butterfly di David Belasco
Ed. musicali: E. F. Kalmus & Co., New York

 

Maestro Concertatore e Direttore Nikša Bareza
Regia Alberto Triola
Regista collaboratore Libero Stelluti
Scene Emanuele Genuizzi con Stefano Zullo
Costumi Sara Marcucci
Light designer Stefano Capra
Maestro del Coro Francesca Tosi
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste

Personaggi e interpreti principali

Madama Butterfly (Cio-cio-San)
Liana Aleksanyan (12, 14, 16, 20/IV)
Federica Vitali (13, 18/IV)

F.B. Pinkerton
Piero Pretti (12, 14, 16, 18/IV)
Riccardo Rados (13, 20/IV)

Sharpless
Stefano Meo (12, 14, 16, 20/IV)
Daniele Terenzi (13, 18/IV)

Suzuki
Laura Verrecchia

Goro
Saverio Pugliese

Il Principe Yamadori
Dario Giorgelè

Lo Zio Bonzo
Fulvio Valenti

Kate Pinkerton
Silvia Verzier (12, 13, 14, 16/IV)
Anna Katarzyna Ir (18, 20/IV)

Il commissario imperiale
Giuliano Pelizon (12, 13, 14, 16/IV)
Giovanni Palumbo (18, 20/IV)

L’ufficiale del registro
Giovanni Palumbo (12, 13, 14, 16/IV)
Giuliano Pelizon (18, 20/IV)

Mimo Annalisa Esposito 

Orchestra e Coro della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste


Argomento

ATTO PRIMO
Su una collina presso Nagasaki sta la casa giapponese che Pinkerton, tenente della Marina americana, ha comperato allo scopo di farne un delizioso quanto precario nido nuziale. Egli infatti si sposerà quel giorno stesso all’uso giapponese: cioè per novecentonovantanove anni, salva la facoltà di divorziare ogni mese. La sposa, una “geisha” quindicenne, è stata procurata da Goro, “gran perla di sensale”: ed è
costata soltanto cento yen. Si chiama Cio-Cio-San, ovvero, in lingua inglese, Butterfly. Ella sta per giungere col parentado e con le amiche per il contratto nuziale. Goro, dopo aver presentato a Pinkerton la loquace Suzuki, cameriera di Butterfly, il cuoco e il servitore, esce per andare incontro alla sposa. Pinkerton confessa all’amico Sharpless, console americano, che egli è stato ammaliato dalle ingenue grazie di Butterfly, ma non si perita di levare il calice ed auspicare il giorno in cui si sposerà sul serio, con un’americana. Accompagnata dalle amiche, giunge
Butterfly. Ella narra la sua storia. Nata da ricca famiglia, per rovesci di fortuna ha dovuto rassegnarsi alla vita della “geisha”. Ora è felicissima di sposare Pinkerton.
E tanto lo ama che ha ripudiato perfino i suoi dei. Il giorno innanzi, è salita alla Missione per adottare la religione del suo adorato: e ciò di nascosto dai parenti, che ella è disposta a rinnegare e che ora sopraggiungono insieme al commissario imperiale e all’ufficiale del registro. Dopo i convenevoli e i rinfreschi, si stipula il contratto nuziale. I due sposi sono quasi riusciti a liberarsi dai parenti e dagli ospiti tutti, quand’ecco sulla scena irrompe furibondo lo zio di Butterfly, il Bonzo terribile, che ha saputo della conversione religiosa di lei e istiga i parenti a rinnegare l’apostata. Il pianto di Butterfly viene subito placato dalle soavi parole di Pinkerton.
Aiutata da Suzuki, la sposa felice si apparta per fare la toeletta notturna. Poi rimane sola con lui. Pinkerton la stringe voluttuosamente a se e prorompe in un grido di passione: “Mia Butterfly! Come t’han bene nomata tenue farfalla”. A queste parole Butterfly si rattrista poiché ben sa che, oltre mare, le farfalle son trafitte da uno spillo e infitte su una tavola. “Si, in tutto questo un po’ di vero c’è. E tu lo sai perché – Perché non fugga… Io t’ho ghermita! Ti serro palpitante! Sei mia!”. “Per la vita”, risponde, come in un’eco, la tenera creatura, che ora è tutta estasiata al cospetto della notte stellata. Pinkerton la bacia ed entrambi entrano nella stanza nuziale.

ATTO SECONDO
Dinanzi all’immagine di Budda, Suzuki prega perché Butterfly non pianga più. Da tre anni la piccola creatura aspetta il ritorno di Pinkerton, partito con la mendace promessa di tornare “quando fa la nidiata il pettirosso”. Ma ella spera ancora. Un bel dì, sull’estremo confine del mare, apparirà la nave desiata: e la nave entrerà nel porto. L’atteso s’avvierà per la collina e giungerà presso la casa, e chiamerà la sua mogliettina con i nomi che le dava al suo venire. Accompagnato dal servilissimo Goro, sopraggiunge Sharpless. Egli è venuto a preparare Butterfly, con ogni cautela, ad un colpo terribile. Prima di leggere la sconsolante lettera di Pinkerton, Butterfly vuol sapere quando in America il pettirosso rifà la nidiata. “Qui – ella dice – l’ha rifatta ben tre volte, ma può darsi che di là usi nidiar meno spesso…”. Goro scoppia a ridere. Butterfly, che non s’era avveduta della presenza dell’osceno sensale, rinfaccia a costui tutte le male arti che egli adopera per trovarle or questo or quel marito. Uno dei pretendenti è il ricco Yamadori. Per quante promesse questi faccia di fedeltà e di principeschi presenti, Butterfly non vuol saperne di lui. D’altronde ella è persuasa di essere sposata da Pinkerton secondo la legge americana. Perciò nulla da fare. Rimasto solo con l’illusa, Sharpless riesce a leggere la lettera con la quale Pinkerton fa comprendere di dover lasciare per sempre Butterfly. Allora costei corre nella stanza attigua e rientra trionfalmente mostrando a Sharpless il suo bambino che oggi ha un nome, Dolore: ma si chiamerà Gioia quando il babbo sarà tornato.

Sharpless promette che informerà Pinkerton di tutto ed esce. Un colpo di cannone annunzia l’entrata di una nave nel porto. È la cannoniera americana “Abramo Lincoln”. Il cuore di Butterfly sussulta di gioia: “Tutti han mentito – ella grida – sol io lo sapevo! Io che l’amo!”. Ed ecco che la sua fede ed il suo amore trionfano contro il sorriso, scettico, degli altri. Ora ella vuole che la casa sia un giardino di fiori. Vuole farsi bella e Suzuki l’aiuta ad indossare l’“obi” della prima notte d’amore. Poi, per spiare l’arrivo dell’amato, fa tre forellini nello “shosi”; uno alto per se, uno più basso per Suzuki, ed il terzo ancora più basso per il bimbo, che, intanto, è stato anch’egli avvolto in vesti ampie e leggere. La notte è scesa. Suzuki e il bambino si sono addormentati. Butterfly rimane immobile, rigida come una statua, nell’attesa.

ATTO TERZO
La notte angosciosa è finalmente trascorsa. È l’alba e Butterfly non ha fatto che spiare al di fuori. Ora le preghiere di Suzuki riescono a convincerla ad andare a prendere un po’ di riposo. E l’illusa, sicura che l’amato verrà col pieno sole, rientra con il bimbo in braccio nella sua stanza. La nave, annunciata la sera innanzi dal colpo di cannone, è proprio quella che porta Pinkerton. Senonché Pinkerton è giunto a
Nagasaki con Kate, la sua legittima consorte. Ora egli è salito alla casa. Lo accompagna Sharpless. Entrambi sperano che Suzuki possa preparare Butterfly al colpo atroce. Anche Kate, che attendeva fuori, si raccomanda a Suzuki perché Butterfly possa apprendere la verità senza troppo soffrirne. Ma ecco irrompere nella stanza Butterfly. Ella invano cerca Pinkerton, ma, questi, non reggendo allo strazio, è fuggito via, col cuore gonfio di rimorso. Allorché Butterfly vede Kate, comprende subito ogni cosa. Kate, chiedendole perdono, si mostra amorosamente disposta ad avere cura del bimbo e a provvedere al suo avvenire. Butterfly, ricusando ogni venale aiuto per se stessa, assicura che darà il bimbo soltanto al suo adorato, se questi fra mezz’ora lo verrà a richiedere. Butterfly ordina a Suzuki di chiudere le imposte e di andare a far compagnia al bimbo. Rimasta sola, prende da uno stipo il coltello col quale suo padre s’uccise. Con l’arma terribile ella sta per trafiggersi la gola. Ma all’improvviso entra il bimbo suo. Dopo avergli rivolto uno straziante addio, lo mette su di una stuoia, e gli benda gli occhi. Poi si trafigge a morte. La tenue farfalla si trascina fin presso il bambino per abbracciarlo un’ultima volta. Nell’istante stesso Pinkerton e Sharpless si precipitano nella stanza, accorrendo presso Butterfly, che, con un gesto, indica il bambino e muore. Pinkerton s’inginocchia, mentre Sharpless prende il bambino e lo bacia singhiozzando.

Note musicali di Nikša Bareza

Giacomo Puccini ci ha lasciato quattro versioni di Madama Butterfly, le prime due composte nel 1904 per il Teatro alla Scala di Milano e per il Teatro Grande di Brescia, le altre nel 1906 per il Covent Garden di Londra e per l’Opéra-Comique di Parigi; è di grande interesse la comprensione della vicenda compositiva dell’opera dal punto di vista sia musicale sia drammaturgico. Impressiona comunque soprattutto la coerenza della ferrea struttura architettonica, che Fedele D’Amico definisce “sinfonismo di conversazione” e che Mosco Carner descrive come “raffinata tecnica musiva”.

Alla base di tutta questa imponente struttura ci sono due leitmotiv. Il primo si presenta nelle tre note d’inizio dell’opera - sol, la, si-bemolle- il cui richiamo è costante fino al finale dell’opera. Il motivo si riconosce nel furioso allegro fugato dei primi e secondi violini in apertura; nelle innumerevoli variazioni della scena dei preparativi alle nozze di Cio-Cio-San; nel solo dei due flauti nell’incipit del secondo atto e nel successivo dialogo fra Cio-Cio-San e Suzuki; nel fortissimo degli ottoni nelle ultime quattordici battute quando Pinkerton chiama Butterfly. Puccini modella questo motivo in varie espressioni che assecondano le situazioni drammatiche e realizza così l’unità formale della partitura con un procedimento di impressionante qualità artistica e musicale affine alla maniera di Gustav Malher.

Il secondo leitmotiv, che ricorda lo stile wagneriano ma che in realtà e peculiarmente pucciniano, si percepisce nel delicatissimo motivo in La-bemolle maggiore affidato al primo violino ed alla prima viola per l’entrata in scena di Cio-Cio-San nel primo atto. Lo potremmo definite il tema dell’Amore Puro che ritorna nel duetto finale del primo atto ma anche, nel secondo atto, per il duetto Cio-Cio-San – Sharpless, in un espressivo contrasto melodico con il furioso motivo che apre l’opera. Questo leitmotiv si incontra per la prima volta nella seconda versione dell’opera (quella per il Teatro Grande di Brescia). La compresenza di questi due motivi in contrasto melodico è presente in tutta l’opera e ne è la base.

Molto riusciti e di grande suggestione i motivi ripresi da canzoni popolari giapponesi, utilizzati per la parte di Goro e anche nel duetto Cio-Cio-San – Sharpless. Sono inseriti con molta delicatezza nel tessuto sinfonico dell’opera, non didascalicamente, ma come citazioni per dare il colorito giapponese. In particolare si riconoscono cinque melodie: si tratta della Canzone della primavera, presente nel finale del primo atto all’ingresso di Cio-Cio-San, della Canzone del fiore e del ciliegio, che risuona nel primo incontro intimo di Cio-Cio-San e Pinkerton, del Nishon Bashi, sempre nel primo atto alla fine della cerimonia dello sposalizio, della preghiera buddista che intona Suzuki all’inizio del secondo atto e infine della canzone Il mio principe del duetto di Cio-Cio-San con Sharpless del secondo atto.

Difficile ma affascinate il compito del direttore: far emergere tutte queste raffinatezze musicali nella ferrea struttura dell’opera e del canto, nella perfetta unità formale che lega il palcoscenico e l’orchestra e che costituisce la vera magia che riporta in vita questo grandioso lavoro di Puccini.

Locandine e Allegati